Qua si mette male, molto male. Il guaio non è la manovra economica che sarà pure inappropriata e insufficiente ma che non è così drastica e rivoluzionaria, e non produrrebbe quei danni letali che si raccontano ogni giorno. Il guaio è la reazione alla manovra. Che non è poi nemmeno la bocciatura della manovra, ma è un preciso, deliberato, radicale attacco al governo in carica. Il proposito non è far cambiare la manovra ma far cadere il governo e metterlo contro al suo popolo. Non si tratta di scomodare la letteratura del complotto, i precedenti, perfino quello di Berlusconi che ora è dalla parte di chi lo fece fuori sette anni fa. Non è questione di complotti, è questione di lotta per la sopravvivenza, o se volete, è l’eterna legge dell’autoconservazione del potere che quando è in pericolo prima sparge l’inchiostro e poi aziona i tentacoli. E non si tratta di attacco all’Italia, che pure non gode di fiducia nei potentati, e nemmeno solo di pregiudizi, come dice serafico il premier Conte. No, qui è in gioco l’establishment e il suo potere. Se passa la manovra del governo italiano, e ancora peggio se non devasta l’economia come viene preannunciato tre volte al giorno, viene delegittimato l’establishment tecno-finanziario-capital-sinistrorso che regge l’Unione, di cui in Italia abbiamo molti reggicoda.

Altri paesi seguirebbero l’esempio e si sentirebbero in diritto di prendere una loro strada, di non sottomettersi al diktat europeo e alla loro prescrizione tassativa. E alle elezioni europee sarebbe un massacro per gli assetti di poterevigenti, di cui Juncker, Moscovici, sono gli ultimi figuranti. Da qui il terrorismo mediatico-finanziario, le scomuniche scritte e inscenate. Si giocano tutto. Altro che bocciatura della finanziaria. Da giorni, da settimane, da mesi in un crescendo minaccioso, annunciano sventure le cassandre interne e le streghe di Macbeth, che predicevano in futuro in realtà per orientarlo secondo i loro desideri. Eurarchi, agenzie, media e ascari politici, un coro assordante. E sta realmente serpeggiando nel paese quel panico che è di solito alle origini delle catastrofi. Ma il collasso non è indotto da una manovra scarsa e sbagliata ma dall’attacco concentrico al governo, prospettandoci un’altra esperienza Tsipras, come quella che indusse il riottoso premier greco a subire i diktat della Trojka se non voleva ridurre in miseria il suo paese.


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Il suggerimento sottinteso che viene dato è il seguente: l’Italia ha un debito record ma, come voi dite, è solido il sistema-italia, ha beni, risparmi, proprietà private. Bene, allora mettete mano a quelli, con una patrimoniale, prelievi forzosi, blocco di capitali, tasse sulle case, obbligo d’investire in titoli pubblici, o quel che volete voi. Ovvero trovate i soldi nelle tasche degli italiani, così pagate almeno gli interessi sul debito (che non potrà mai essere estinto, è come il peccato originale ma non ce lo toglie nessun battesimo). E allo stesso tempo vi inimicate il popolo che vi sostiene. Così buonanotte al populismo, al sovranismo e a tutte le menate. Voi capite che il pericolo vero è questo e non la manovra. E non pensate che indignandosi o cercando di suscitare rabbia nel popolo, si possa rispondere con le barricate. No, è una guerra e in guerra contano i rapporti di forza. È una guerra e del resto non potevate pensare che “loro” hanno i giorni contati- come dicevano allegramente – e si limitano a contare i giorni e non a reagire. E disponendo di poteri e alleanze che voi neanche vi sognate, agiscono per mandarvi fuori strada. Voi e il vostro paese, se vi segue.

A questo punto io ho paura della paura. Ho paura cioè del panico che stanno instillando nella gente, nelle notizie che fanno circolare, nelle annunciate fughe di capitali all’estero, conti prosciugati e così via. Perché sono quei fatti e soprattutto quelle psicosi agitate a produrre guai seri, reazioni a catena; a gettare i paesi nel caos e nella disperazione, per andare poi da lorsignori col cappello in mano. Questa è la vera manovra pericolosa in atto. E allora che fare? Andare alla guerra, cercare alleati anche fuori d’Europa, farsi espellere dall’Unione, scatenare l’ira del popolo? Non contate molto su quest’ultima, gli haters non sono il popolo, e il popolo vi dà ragione in tempo di pace ma quando c’è il panico e la casa brucia non stanno lì a spegnere il fuoco e ad attaccare chi l’ha appiccato, ma mirano a mettersi in salvo. E’ umano, e da questo punto di vista gli italiani sono più “umani” degli altri (anche, ma non solo per fortuna, nel senso di più vigliacchi, più voltagabbana).

Del resto, i governi che sfidano l’Europa dovrebbero avere spalle larghe, grandi leader, forze compatte e decise, che qui non vediamo. Si può decidere di combattere per l’Italia e la sua dignità, ma non si può morire per Di Maio e per le velleità grilline. Bisogna essere realisti, cercare punti d’incontro, intanto crescere, trovare solide alleanze, rafforzarsi, rinsaldarsi, acquisire nuove forze. Alle prime gelate, il consenso si ritira. Sarebbe magnifico poter rovesciare l’establishment attuale ma se non si hanno energie e strategie valide, leadership adeguate ed élite alternative, meglio essere prudenti. Non si può dichiarare guerra al mondo e rispondere alle armi micidiali messe in campo dal Nemico coi tweet, gli scarponi e le manine.

(Marcello Veneziani, “Ue che manovra”, da “Il Tempo” del 25 ottobre 2018, articolo ripreso sul blog di Veneziani).

Fonte: www.libreidee.org


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