– di Filippo Burla per Il Primato Nazionale –
La moneta unica compie quindici anni. Ricordate l’adagio di Romano Prodi? “Con l’euro lavoreremo un giorno di meno guadagnando come se lavorassimo un giorno di più”. Di lavorare meno non se ne parla, o meglio non si lavora proprio vista l’impennata della disoccupazione e l’aumento del 30% dei precari. Sul guadagnare siamo, dati alla mano, messi un po’ meglio, raffronto che però diventa impietoso in riferimento al potere d’acquisto. E’ vero che quest’ultimo è cresciuto più dell’inflazione ufficiale, la quale però emerge da un paniere necessariamente ampio ed inclusivo e che dunque, per forza di cose, non può comprendere tutto. Basti pensare, a tal proposito, alle polemiche che si sollevano in merito all’affidabilità tout court dei dati quando l’Istat adegua la composizione dei beni che formano l’indice: nel 2016, a titolo di esempio, sono entrati nel calcolo i tatuaggi e i leggings da bambina, prodotti sicuramente di largo consumo o diventati tali ma che non rappresentano spese da tutti i giorni.
Senza volontà di sostituirci al pregiato lavoro dell’istituto, proviamo a tracciare un bilancio delle spese correnti, quelle fatte più volte durante l’anno se non durante i mesi o addirittura le settimane, per capire se davvero l’euro è convenuto alle nostre tasche. Scendendo nel dettaglio, prima del 2002 avreste pagato quasi 2000 lire per un caffè? Se vivete al Nord sicuramente no, eppure molti bar hanno già superato la soglia psicologica dell’euro a tazzina, portando il prezzo a 1,10 o addirittura in certi casi a 1,20€. Non va meglio per il cinema, che dalle 10mila lire (in media) ante primo gennaio 2002 supera oggi gli 8-8,5 euro. Più che raddoppiata la pizza: a Roma con 5mila lire si mangiava una margherita che ora trovare a meno di 5/6 euro è impresa ardua. 1500 erano le lire per acquistare un quotidiano in edicola, mentre oggi a meno di 1,5 euro non si porta a casa nulla.
Calano invece, di parecchio, i prezzi degli apparecchi elettronici: un moderno televisore HD costa la metà rispetto ad un vecchio tubo catodico, stesso discorso per i telefoni cellulari. Ma va considerato il fisiologico sviluppo della tecnologia che permette di ridurre i costi di produzione, andamento che a cascata si riflette poi sui prezzi. Discorso diverso – e torniamo agli aumenti – per bollette e utenze, che nonostante le supposte virtù taumaturgiche dell’apertura al mercato hanno visto rincari consistenti, che vanno dal +60% per la luce a sfiorare il +100% per il gas. E’ aumentata pure la benzina, dalle 2mila lire agli attuali 1,5 euro (ma ha sfiorato i 2, ricordate?), anche se qui contano più altre dinamiche legate all’ottovolante del prezzo del petrolio. A proposito: ma con l’euro, la moneta forte per eccellenza, non dovevano costare meno la materie prime?
Fonte: Il Primato Nazionale
Tratto da: www.informarexresistere.fr