di Giulietto Chiesa.

La storia quasi infinita del Brexit si è arricchita di un nuovo capitolo, che potrebbe essere intitolato così: “come finisce la sovranità popolare nella prima democrazia liberale della storia”. L’ha scritta l’Alta Corte britannica, rimettendo nelle mani del Parlamento britannico la decisione popolare, via referendum, di uscita dall’Unione Europea.

L’Alta Corte, rispondendo all’istanza di un gruppo di cittadini favorevoli all’Unione Europea, ha decretato che il referendum della scorsa estate, vinto dai fautori dell’uscita, invero con piccolo margine, è “non binding”, cioè non è obbligatorio, cioè non decisivo. E che la decisione finale, pertanto deve essere lasciata al Parlamento, in quanto “organo sovrano”. Noi non siamo esperti quanto a referendum “binding o non binding”, e dunque non ci pronunciamo.
L’Alta Corte è “alta” e noi siamo piccoli.

Ma non ci sfuggono alcuni dettagli: uno dei quali, magari secondario, è che la Costituzione Europea (ovvero il Trattato di Lisbona) prevede il referendum come opzione che ogni popolo ha a disposizione per decidere se restare in Europa oppure no.
Sappiamo che alcuni popoli europei, chiamati a ratificare il Trattato mediante referendum, si affrettarono a respingerlo. Francesi e olandesi lo bocciarono per primi. Procurando ai poteri supremi europei tanti mali di testa che si affrettarono a decidere che no, il referendum non andava bene, e che era meglio affidare la decisione ai parlamenti, sicuramente già allora molto meno riottosi dei popoli.

Così passò il Trattato di Lisbona: con molti parlamenti e nessun popolo. Eppure, nonostante questi precedenti, l’ormai ex premier britannico, l’avventuroso Cameron (che non aveva consultato l’Alta Corte) pensò di affidarsi al popolo per la decisione. Gli è andata male, ma non è questo il punto.

Il punto è che l’Alta Corte ha deciso che spetta al Parlamento l’ultima decisione, quella davvero binding. E lo ha fatto sulla base della considerazione secondo cui esso è “sovrano”.

Qui viene fuori un problema che riguarda la sorgente della sovranità. Che, anche in Gran Bretagna, risiede nel popolo. Il quale elegge un Parlamento, che risulta certo sovrano (se eletto regolarmente), ma lo è in seconda istanza, in quanto eletto dal popolo, che è sovrano in prima istanza.

Dunque come può un sovrano in seconda istanza subordinare il sovrano di prima istanza che è il popolo?

L’unico argomento usabile per spiegare questo inghippo è l’ipotesi che il popolo sia manipolabile più di un parlamento. Il che può essere vero, ma purtroppo non si può affermare che il Parlamento sia meno manipolabile del popolo.

E, del resto, si aprono altre questioni spinose: chi manipola i popoli? Magari viene fuori che i colpevoli sono i mass media e coloro che ne sono proprietari. E viene fuori anche che perfino i parlamenti, quando sono corrotti, siano inclini a farsi comprare in tutto o in parte, e quindi a farsi manipolare.

Fermiamoci qui, perché viene la tentazione di pensare che anche le Alte Corti possono essere manipolate. Perché no? E manipolare, o spingere, Corti così alte, non può il popolo, ma potrebbero essere in grado di farlo persone e istituzioni di grande peso e influenza.

Allora viene casualmente in mente che, per esempio, l’esito del Brexit non piacque affatto al signor Peter Sutherland, uomo d’affari e finanza che fu presidente per una ventina d’anni di Goldman Sachs e non sembra essere andato in pensione. Ecco uno che può “influire”.
E infatti “influì” subito dopo il risultato del referendum dichiarando infuriato che esso “dovrà essere in qualche modo rovesciato” (“somehow the result must be reversed”).

Ecco: la decisione dell’Alta Corte ha tutta l’aria di essere “uno di questi modi”. Sappiamo che il Brexit è stato figlio di molti padri diversi, non tutti onorevoli e onesti. Ma quel ch’è certo è che anche coloro che vi si opposero erano non tutti onorevoli e onesti. Alla fine il popolo ha tagliato la testa al toro.

E adesso l’Alta Corte è stata messa in movimento non dal popolo, ma dalla signora Gina Miller, prima firmataria dell’istanza di revisione.

La signora e il di lei marito Alan sono ricchissimi agenti di Borsa, proprietari e gestori di quegli hedge funds che hanno permesso negli anni passati di accumulare fortune immense con poco sforzo e grande ingegno.

Uno solo di questi, il “New Star” ha permesso alla coppia di accumulare 30 milioni di sterline. Un altro ha consentito di assicurare profitti del 17,5% nel corso di nove anni. Così si capisce meglio da dove viene la pressante richiesta di cancellare il Brexit. Questi pescecani sanno a cosa dovranno rinunciare, stando fuori dall’Europa.

A cosa dovrà rinunciare il popolo britannico - sempre che debba rinunciare a qualche cosa - ancora non si sa. Certo è che la coppia dei Miller, sostenuta dall’Alta Corte, gli vuole imporre la rinuncia alla propria sovranità.

Fonte: it.sputniknews.com

Tratto da: Megachip